I dieci anni di Francavilla è Jazz: la cultura della buona musica

Alfredo Iaia, direttore artistico di “Francavilla è Jazz”

L’estate dei festival sta finendo. In tutta la Penisola quest’anno è stato un fiorire di appuntamenti, molti di questi interessanti, altri un po’ meno, comunque la dimostrazione che la musica a prescindere dai grandi eventi, ha tanto da dire. Su Musicabile ve ne ho presentati alcuni, quelli che mi sembravano più intriganti sia per i musicisti sia per i luoghi. 

Domani e fino al 10 settembre si tiene uno degli ultimi appuntamenti della stagione: il Francavilla è Jazz. Siamo nel Salento, a Francavilla Fontana grosso centro commerciale e culturale della regione. Il festival accende le sue prime dieci candeline, un appuntamento importante soprattutto per una manifestazione gestita interamente da un’associazione culturale senza scopo di lucro. Una decina di persone, capitanate da Alfredo Iaia, 65 anni, avvocato di professione, una passione smisurata per il jazz e chitarrista per passione. 

Queste sono realtà da tenere in grande considerazione: nessuno scopo di lucro solo la necessità  di condividere una passione, in questo caso, per il jazz d’autore. Si cade bene, visto che la Puglia in campo musicale è una delle regioni italiane baciate dalla musa Euterpe e, tra i tanti musicisti che annovera, c’è anche una nutrita enclave di jazzisti. «Abbiamo iniziato dieci anni fa in una piazzetta con cento posti a sedere. L’anno scorso abbiamo contato nella serata finale del festival la presenza di duemila persone», racconta orgoglioso Iaia. Un successo per la musica ma anche per la promozione turistica locale.

Il cartellone di questa edizione è piuttosto nutrito: domani apre il fisarmonicista Richard Galliano con il suo New York Tango trio, insieme ad Adrien Moignard alla chitarra e Diego Imbert al contrabbasso, quindi, il 6, la barese Lisa Manosperti con un omaggio a Mia Martini in trio con Aldo Di Caterino al flauto e Andrea Gargiulo al pianoforte. Il 7, invece, due giovani artiste, la pianista Francesca Tandoi e la cantante e chitarrista Eleonora Strino. Venerdì 8 toccherà a un mostro sacro del jazz internazionale, Enrico Pieranunzi in trio con Roberto Gatto alla batteria e il danese Thomas Fonnesbaek al contrabbasso. Sabato 9 altro grande concerto con Il Chico Freeman e Antonio Faraò Quartet. E qui apro una parentesi: Antonio è una vecchia conoscenza di Musicabile, ne ho parlato più volte. Uno dei grandi del jazz che ama contaminare, sperimentare, sempre imprevedibile e per questo mai scontato, come Freeman. Domenica chiude Gegè Telesforo con il suo Big Mama Legacy in quintetto con giovani e bravi musicisti per un repertorio tra blues e jazz anni Cinquanta.

Dunque, un piede nella tradizione un altro nella sperimentazione, con un unico scopo: «far divertire e divulgare il jazz». 

Richard Galliano

Festeggiate dieci anni di festival con un bel cartellone!
«È un livello qualitativo che abbiamo cercato di tenere sempre alto, anno dopo anno, per gli artisti e per la partecipazione di pubblico». 

Come ti è venuta l’idea di organizzare un festival jazz a Francavilla?
«Negli anni Ottanta, quando ero ancora un ragazzo, avevo organizzato per gli studenti delle scuole superiori una sorta di festival jazz che andò molto bene. L’idea del festival è maturata circa dodici anni fa, per cercare, in un territorio abbastanza arido dal punto di vista culturale, soprattutto nel jazz, di piantare un piccolo seme. Ho messo insieme una piccola squadra di “artigiani del jazz”, tutti con la stessa idea: non puntare al profitto ma alla divulgazione del genere e alla valorizzazione del territorio. È andata bene. Un altro punto di forza che ci porta un po’ in controtendenza rispetto a tanti altri festival è riuscire a mantenere salde le radici jazzistiche».

Chico Freeman e Antonio Faraò

La Puglia ha una notevole enclave di jazzisti. C’è, secondo te, una radice culturale che li avvicina a questo genere?
«Certo! Il jazz per sua vocazione è una musica aperta, dove attecchisce si confronta con la cultura del posto, si trasforma, ha questa grande capacità. Nel Salento abbiamo la tradizione della Taranta ma anche delle bande di paese. Pensa a musicisti come Roberto Ottaviano, quest’anno indicato come miglior jazzista italiano, o a giovani come Luca Alemanno ora in America, artista straordinario. Il jazz è basato sulla contaminazione e sulla libertà e ben si cala nel nostro contesto culturale e musicale».

Cosa ti ha catturato nel jazz?
«L’elemento fondante è l’improvvisazione, il modo di tradurre in musica spazi aperti, incontaminati. La sua complessità e le sue armonie mi hanno sempre rapito, in più c’è questa potenzialità quasi politica del jazz, basti pensare a cosa ha rappresentato nell’emancipazione degli afroamericani. Per questo è una musica unica, peculiare rispetto ad altra più ingessata».

Enrico Pieranunzi

Tu suoni?
«Sono un amatore, suono la chitarra, mi sono avvicinato in modo alterno allo strumento, ma mi piace suonare, mi gratifica»”.

Freeman, Faraò, Pieranunzi, Gegè Telesforo, Galliano: avete scelto dei grandi improvvisatori…
«Siamo molto legati come festival a un concetto di mainstream tradizionale. In occasione del decennale passiamo dal tango jazz di Galliano alle influenze latino americane di Chico Freeman, dal piano puro di Pieranunzi a quello adrenalinico di Faraò, oltre a novità come la Tandoi e la Strino, due musiciste giovanissime, legate a un be-bop polivisitato. La nostra sfida è mantenere le tradizioni salde ma in modo nuovo. Anche il blues di Gegè, con una band di giovanissimi musicisti molto bravi, rientra in questa idea».

Qual è il vostro pubblico?
«Siamo partiti in una piazzetta con 100 posti a sedere e con un pubblico esclusivamente locale. Poi siamo cresciuti e abbiamo fidelizzato persone che arrivano da fuori regione creando un indotto positivo anche per l’economia locale: come sede dei concerti abbiamo sempre scelto luoghi che dal punto di vista storico e architettonico sono considerati dei piccoli gioielli, molto apprezzati dagli spettatori».

Gegè Telesforo

Comune e Regione come reagiscono?
«Le amministrazioni comunali che si sono succedute hanno sempre contribuito in modo determinante. La Regione per il momento è assente. Abbiamo buoni sponsor perché vogliamo offrire i concerti gratuiti, non ci interessa il profitto, siamo solo degli appassionati. Paradossalmente siamo penalizzati proprio perché non abbiamo una struttura societaria e quindi non possiamo avere accesso ai fondi regionali che richiedono determinati requisiti di “professionalizzazione” dell’ente che organizza. Siamo un’associazione culturale, portiamo valore al territorio, facciamo eventi pubblici di qualità eppure facciamo fatica ad accedere a questi fondi. Tutto quello che entra lo spendiamo, i nostri bilanci sono stati sempre postivi. Per avere contributi dovremmo andare in perdita, è un’assurdità!».

Cosa sarebbe necessario, quindi, nel tuo mondo ideale?
«Quest’anno ho proposto la costituzione di una fondazione perché ci darebbe la possibilità di far entrare direttamente gli enti pubblici nella partecipazione dell’evento assieme agli sponsor privati e ciò ci farebbe lavorare con molta più tranquillità. Se vogliamo rilanciare maggiormente l’evento in un contesto nazionale credo che una struttura organizzativa che non sia sulle spalle solo di un’associazione culturale sia importante. In quest’ottica stiamo pensando anche a un’edizione invernale». 

Lo è anche per i musicisti…
«Ormai siamo in un circuito jazz importante, ho tante richieste di partecipazione da parte degli artisti, anche perché noi li coccoliamo… E poi sanno che vengono a suonare in posti meravigliosi».

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