E siamo già a fine marzo. In questo mese ci sono state molte buone uscite. Segnalo, per esempio, un gran bel disco blues di un duo italiano, i Caboose, e cioè Luis DeCicco alle chitarre e Carlo Corso alla batteria, che l’11 marzo hanno pubblicato Awake Go Zero, per la Bloos Records. Blues crudo, languido, polveroso, pochissimi effetti, a tratti roots, a tratti Hill country, interventi di Desert alla Bombino.
A proposito di Desert blues i Tinariwen, il 25 marzo scorso hanno pubblicato un’edizione remastered con aggiunta di brani inediti di Amassakoul, album mitico della band maliana, del 2004. Consiglio l’acquisto di entrambi gli album. Meritevoli! Scegliere il disco del mese non è stato per nulla facile.
Anche perché il 25 marzo è andato sugli scaffali virtuali e reali il lavoro di un altro artista che seguo da sempre, Xavier Rudd con Jan Juc Moon. L’australiano rispetta i suoi canoni (e questo alla lunga può diventare un limite): psichedelico quanto basta, cantautore attento alla cultura aborigena, chitarre sognanti e improvvise cavalcate wagneriane con il didgeridoo ne fanno comunque un disco di buon ascolto.
Sempre il 25 e sempre in quella parte sconfinata di mondo, Aldous Harding, nome dietro al quale si nasconde la giovane cantautrice neozelandese Hannah Sian Top, ha pubblicato Warm Chris, folk album che culla l’ascoltatore e lo fa viaggiare tra i suoi testi ricercati e una voce cristallina che diventa pop, ad esempio in Lawn, o con acuti alla Joan Baez in Warm Chris, quest’ultimo interrotto da secchi stacchi di una chitarra elettrica acida.
Dovendo decidere sono rimasto colpito da un eccellente lavoro che è uscito l’11 marzo. Si tratta di un concerto tenutosi al Montreux Jazz Festival il 5 luglio 1997. L’artista è Djavan, brasileiro dello stato di Alagoas, Nordeste, uno che ha sempre giocato con la sua musica tra MPB, jazz, funk, pop, annoverato giustamente tra i grandi artisti brasiliani. Ebbene, quel concerto è diventato un disco, Djavan Ao Vivo no Montreux Jazz Festival, che Sony Music ha lanciato come apripista per una serie di album live di suoi artisti che si sono esibiti lì negli anni. Registrato all’origine in modo estremamente curato, è stato rimasterizzato da uno dei migliori ingegneri del suono in circolazione, Steve Fallone, negli Sterling Sound in New Jersey. I presupposti per sedersi e godersi con grande soddisfazione questo “inedito” recuperato dalla memoria ci sono tutti.
Conoscendo piuttosto bene la produzione del musicista alagoano, posso dirvi che immergersi nel live, applausi inclusi, e ascoltare i suoi grandi successi rivisti per l’occasione è una buona opportunità per chi lì non c’era. Uso di fiati da grande orchestra, grazie al trio composto da Walmir Gil alla tromba, François de Lima, trombone, e Marcelo Martins sax/flauto; samba elegante, funk leggero, assaggi di musica cubana, gran lavoro del basso a scandire quel mix sonoro di cui Djavan è sempre stato un maestro, merito del bassista Marcelo Mariano. Oltre ai musicisti già citati bisogna ricordare Glauton Campello alle tastiere, Armando Marçal alle percussioni e Carlos Bala alla batteria (per dover di cronaca, tutti i musicisti sono ancora in attività, eccetto Campello, morto nel 2018).
Nel concerto era incluso Fato Consumado, il pezzo che rese famoso Djavan nel 1975, quando si esibì al Teatro Municipal di São Paolo nel Festival Abertura. Splendida la versione di Oceano, solo voce e chitarra, ma anche quella di Malásia, brano che dà il titolo al lavoro pubblicato l’anno prima, disco definito da molti come un grande passo avanti nella sua maturità artistica. Potrei proseguire con Flor De Lis, Sina, Meu Bem Querer, Seca…