Natale è ormai alle porte. Quest’anno, tra gli album della Festa, si affaccia anche Christmas Time di Antonio Faraò, uscito fresco fresco due giorni fa. Con lui Mario Rosini, cantante e musicista pugliese dotato di una gran bella voce e di una invidiabile vena jazz-crooner. Per intenderci, l’album ha poco o niente delle patinate produzioni natalizie americane, in compenso porta il marchio di fabbrica del musicista romano, un piano percussivo ed efficace, ricco di note e soluzioni armoniche. Esempio calzante l’arrangiamento della famosissima Jingle Bells, brano immancabile nelle compilation natalizie da 167 anni, da quando James Pierpont la pubblicò nel 1857, eseguito nel corso del tempo in tanti modi, rock, jazz, pop, in versione orchestrale o a cappella.
Quello di Faraò è complesso, rallentato e struggente, il basso di Malaman, la batteria di Furian e il canto di Rosini tengono i binari seppure in ambiente jazz, mentre il pianoforte parte per esplorazioni sonore calibrate ed efficaci. E se Christmas Time, brano in cui hanno suonato Federico Malaman al contrabbasso e Maxx Furian alla batteria, produzione originale di Antonio con il testo di Mario Rosini, vola in un crescendo esplosivo verso un festoso gospel che invita alla coralità del Natale, su Have Your Self a Barry Little Christmas, scritto da Hugh Martin e Ralph Blane nel 1943, cantato da Judy Garland e, a ruota, da Frank Sinatra, tiene la linea morbida originale, lasciando esprimere la voce calda di Mario, ricamando armonie.
Degna di nota la ripresa – in versione jazz – di Quando Nascette Ninno, brano scritto nel 1754 da Sat’Alfonso Maria de Liguori in napoletano, da cui è nata Tu Scendi dalle Stelle, con un arrangiamento di Rosini, omaggio alla canzone popolare natalizia. Non manca Santa Claus in coming to Town, classico del 1934 di J. Fred Coots e Haven Gillespie, brano che catturò anche Bill Evans, lo pubblicò nel suo album strumentale Trio64: lo si ricorda anche per un assolo da manuale al contrabbasso di Gary Peacock (alla batteria c’era Paul Motian). Qui Antonio va, come ama dire lui, straight, lasciando a Mario l’improvvisazione con un fluido scat.
Si arriva dunque a un omaggio a Wonder con Someday at Christmas, canzone pubblicata nel 1967 contenuta nel primo album natalizio di Stevie uscito per la Motown Records, quindi alla romantica The Christmas Song di Nat King Cole del 1960, dove Antonio suona vellutato sulla tastiera, per chiudere con Winter Wonderland, brano del 1934 di Felix Bernard e Richard B. Smith, portata in auge nel 1960 da Ella Fitzgerald nel suo primo disco natalizio, Ella Wishes You a Swinging Christmas (ne farà un altro nel ’67, Ella Fitgerald’s Christmas, con canti religiosi). Chiusura in bellezza, dunque, con uno swing positivo e rassicurante e un’improvvisazione centrale molto bop.
Antonio, perché un disco di Natale?
«Era un’idea su cui stavo ragionando già da tempo. Avevo pronto un arrangiamento di Jingle Bells e lavorato su un nuovo brano, Christmas Time, impostato alcuni anni fa e che ha visto la luce ora, all’ultimo secondo! Mi son detto: caspita perché non sfruttare quest’occasione facendo cantare Mario Rosini? Ci conosciamo dagli anni Ottanta e ci stimiamo a vicenda. Così è andata: abbiamo registrato tutto il disco in due giorni, con Carlo Bavetta al contrabbasso e Vladimir Kostadinovic alla batteria».
Jingle Bells è la versione natalizia che non ti aspetteresti…
«Infatti è fuori dai canoni degli arrangiamenti di Natale. È un’idea che ho avuto alcuni anni fa, rimasta chiusa nel cassetto e ritirata fuori adesso, con un bel risultato. Sono soddisfatto».
Ne hai fatto una versione molto… struggente!
«Ho costruito l’arrangiamento rispettando comunque la melodia. Quando lavori su brani natalizi non puoi tenere tematiche minori, così l’ho creato in maggiore con accordi di settima, undicesima, di quarta e sus4, gli ho dato un po’ di sole, non rimane cupo. Di questo pezzo potrebbe anche uscirne una versione più… elettrica. Christmas Time è una produzione diversa da quella di un disco come Tributes dove, ovviamente, impongo di più il mio materiale compositivo. Qui ho fatto un paio di arrangiamenti, tenendo abbastanza lineare il discorso sugli altri brani. È un progetto di nicchia, rimango nella tradizione».
Tra i dieci titoli che compongono il lavoro c’è anche Quando Nascette Ninno, una delle canzoni più amate della musica popolare natalizia…
«È stata una proposta di Mario, lui ha fatto un bell’arrangiamento, è una canzone storica che forse nessuno ha mai preso in considerazione per un disco natalizio jazz. Ci sta, è un bel risultato!».
Sempre nelle scorrere dei pezzi, hai scelto anche Someday at Christmas di Stevie Wonder…
«È un brano pop suonato da un jazzista. Nella ricerca dei brani da inserire nel disco volevo diversificare e, soprattutto, non riproporre i pezzi più tradizionali, quindi una canzone di Stevie è perfetta, e poi Mario ha quella estensione vocale, quel mood giusto, perché non sfruttare tutte queste capacità?».
Come hai costruito Christmas Time?
«È un brano composto anni fa. È nato come strumentale, poi, a un sound check – ero in quartetto con Benny Golson (sassofonista scomparso il 21 settembre scorso, ndr) – stavo provando il piano suonando questo mio tema. Il batterista della formazione, Sangoma Everett, mi interrompe e mi dice: “Che bello, vorrei metterci le parole!”. Poi con lui non si è fatto nulla, ho cercato di pubblicarlo in altri contesti ma non mi convinceva affatto. Questo disco è stato l’occasione. Scritto e arrangiato, l’ho proposto a Mario che ha messo le parole. Il basso e la batteria sono stati aggiunti da Malaman e Furian. Sentirai che nel pezzo c’è anche una buona componente di accordi gospel. Ho avuto l’ispirazione per la chiusa del brano da Bring on The Night di Sting suonato con Kenny Kirkland al piano: l’ho raddoppiato per finirlo bello allegro, così è stato un crescendo».
Fine anno, tempo di bilanci: com’è stato il tuo 2024?
«Buono, ho lavorato bene e con diversi progetti. Sono tornato l’altro giorno da Londra dove ho fatto un concerto con la Mc Coy Tyner Legends (quintetto formato dallo stesso Faraò al piano, Avery Sharpe al basso, Ronnie Burrage alla batteria, Chico Freeman al sax e Steve Turre al trombone, ndr). In occasione della giornata nazionale del jazz, il 30 aprile, sono stato invitato a Tangeri da Herbie Hancock per suonare per la terza volta all’Unesco All Star Global Concert. Ora sto lavorando al mio primo disco di piano solo, che sarà il seguito di Tributes e che penso registrerò, penso, il prossimo febbraio. Con il mio trio ho suonato in Bulgaria, Germania, Svizzera e Francia. Infine, ho chiuso le date del tour 2025 in trio con Gene Jackson alla batteria e John Patitucci al contrabbasso che faremo a maggio per presentare il mio Tributes (di cui vi ho parlato in questo post). Sono orgoglioso, è ancora tra i primi cinquanta dischi in classifica su JazzWeek!».