Musicabile

A Milano stasera la musica degli E-Wired Empathy

Per chi rimane a Milano, stasera segnalo un’avventura musicale da non lasciarsi scappare. Alle  21.30, al Palazzo Sormani di Milano (Corso di Porta Vittoria, 6), nell’ambito della rassegna Teatro Menotti in Sormani, suonerà un collettivo degno d’ascolto. Si sono battezzati E-Wired Empathy: dietro questo nome si celano tre musicisti di razza, Luca Nobis (chitarra), Roberto Gualdi (batteria) e Giovanni Amighetti (synth analogici). 

Presentano dal vivo i brani contenuti nel loro nuovo omonimo album uscito per Esagono Dischi / The Orchard. Il trio avrà due ospiti speciali, l’artista franco congolese Gasandji (voce e chitarra) e Moreno il Biondo Conficconi, sassofonista storico dell’Orchestra Casadei e partner solido degli Extraliscio.

Come sempre la domanda sorge spontanea: cosa ci fanno sul palco cinque artisti provenienti da esperienze completamente diverse tra loro? La risposta è banalmente semplice: suonano. Se si concepisce la musica come effettivamente è, e cioè una forma di linguaggio, sul palco questa sera assisteremo a una gran bella chiacchierata. Dialoghi tra culture, dialoghi che favoriscono l’integrazione.

Ho chiamato Giovanni Amighetti,  con cui avevo chiacchierato giusto un anno fa in occasione del festival Ahymé, per farmi raccontare come sarà questo concerto multiculturale dove si fa musica al momento.

Giovanni Amighetti

Tu e Luca Nobis (musicista e direttore artistico del CPM la scuola di musica fondata da Franco Mussida) avete un sodalizio che dura da oltre tre anni…
«Veniamo entrambi da una formazione classica, ci siamo trovati in piena pandemia suonando insieme al Teatro Asioli di Correggio per il 50esimo anniversario dei rapporti diplomatici tra Italia e Cina. Ci eravamo riproposti di collaborare e da allora lo stiamo facendo».

Poi si sono aggiunti Roberto Gualdi e anche Gabin Dabiré…
«Gabin è mancato recentemente, era un grande artista, ci manca molto. Roberto ha suonato con Vecchioni, con la PFM è un session man molto apprezzato e a lui piace molto questa libertà di “stare” sul palco. Sicuramente per il pubblico assistere a un concerto dove la musica viene fatta al momento è molto più coinvolgente, perché può intervenire nei nostri dialoghi».

Luca Nobis

Nel disco ha suonato anche Jeff Coffin, sassofonista della Dave Matthews Band e il bassista Valerio Combass Bruno nella evocativa Siza assieme a un ispirato Gabin… 
«Sì, una bella esperienza. Collaboro con i musicisti che accettano il nostro modo di fare musica. Per esempio David Rhodes, chitarrista che ha suonato anche con con David Bowie, ha declinato. Non perché non ne sia capace, anzi! È una forma di “timidezza”, la sua, un approccio diverso che non tutti si sentono di provare.

Roberto Gualdi

Gasandji e Moreno il Biondo Conficconi. Due personalità completamente diverse tra loro…
«Appunto! Moreno viene dal classico. Il “liscio” a sua volta deriva da Strauss. È un grande musicista. Non so cosa possa uscirne, sono sicuro che sarà molto interessante. Con lui renderemo un attimo “strana” l’esecuzione, verrà con effetti anni Sessanta. Gasandji è un’altra bella storia: quando l’abbiamo contattata era entusiasta. Per suonare così ci vuole molta empatia (è la base dei rapporti umani non solo della musica). Da qui parte del nome del collettivo: i musicisti devono ascoltarsi e per farlo ci vuole un buon interplay».

Il vostro improvvisare non è quello jazzistico…
«No. Noi creiamo una composizione anche nella struttura, se vuoi, il nostro modo di agire è più vicino alla musica classica. Gasandji porterà tre brani suoi, dove noi suoneremo a modo nostro. Ho appreso a suonare così nella Worldmusic. I musicisti arrivavano sempre all’ultimo minuto, c’era poco tempo per provare, questo di solito per mancanza di fondi, per riuscire a economizzare al massimo. Quindi, ho affinato la tecnica per forza di cose».

Gasandji

Dunque, non avete una scaletta!
«Non proprio, ne abbiamo una “a grandi linee”, per esempio, brano percussivo svelto. Il tempo di esecuzione lo dà il batterista, la durata dei brani l’abbiamo messa a punto con Luca: non deve diventare una jam session, ci autoponiamo dei limiti. Su 15 brani ne teniamo alcuni fissi, qualche punto fermo serve. Il rischio, piuttosto, è che combinando musicisti che hanno pubblici diversi, chi viene ad ascoltare quell’artista si potrebbe trovare un po’ spiazzato. Ma è una questione di preconcetti mentali. A volte chiediamo noi al pubblico di darci immagini di struttura».

Moreno il Biondo Conficconi

Nel disco ci sono dei noise incredibili, come li hai ottenuti?
«Con Luca abbiamo deciso due cose diverse dal primo disco fatto insieme: introdurre il canto e suonare con strumenti elettronici d’epoca contaminati con l’Intelligenza Artificiale. Nel brano che dà il titolo all’album e al collettivo suono un… jack! L’ho scoperto per caso…».

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