Per gli appassionati è un’occasione ghiotta. Fino al 18 giugno a Taranto, in occasione del Medimex, vi segnalo la mostra Vintage Drum Show Medimex 2023, Antonio Di Lorenzo Drum Collection nell’ex-chiesetta dell’Università degli Studi – Polo Jonico (via Duomo 259, orari 10-19:30, ingresso libero).
Antonio Di Lorenzo è un musicista e batterista che naviga tra jazz, pop e cantautorato impegnato.Nella sua lunga attività vanta collaborazioni eccellenti, da Steve Lacy, Lee Konitz, Enrico Rava, Benny Golson a Vinicio Capossela, Lucio Dalla e Paolo Conte. Tra pochi giorni, il 21 giugno, uscirà il suo sesto lavoro The Sweet Survivor.
Un disco che ha iniziato a comporre a Los Angeles ma che poi, cosa Covid, ha stoppato. «È stato un lavoro piuttosto sofferto ma alla fine l’ho portato a termine. Con me ci sono Bruno Tommaso al contrabbasso, John Medeski al pianoforte e Marc Ribot alla chitarra». Oltre anche ad altre vecchie conoscenze come Vince Abbracciante, fisarmonicista di gran talento, il bassista Dado Penta, il sassofonista Sabino Fino. «Vince è il mio fratello piccolo, è davvero bravo, l’ho cresciuto con l’Hammond!». The Sweet Survivor è un lavoro ricco di colori: «Non è jazz tradizionale, ho voluto inserire tutte le mie passioni. Uscirà in digitale, in cd, in vinile e anche in cassetta. Alla vecchia maniera…», mi spiega.
Piccolo inciso. Di Lorenzo oltre a essere un musicista è anche un giornalista specializzato. Mi ricorda che è «senior columnist della rivista Drums Set Mag; ho scritto centinaia di articoli per i periodici Percussioni, Drum Club, Batteria, Ritmi e per i magazine americani e inglesi Not So Modern Drummer e Vintage Drums Legendary Sounds, di cui sono stato corrispondente dall’Italia».
C’è chi colleziona francobolli, chi insetti e farfalle. Antonio è uno dei massimi esperti al mondo di batterie. La sua collezione è sicuramente la più completa in Europa. Chiedo: sapresti riconoscere – come in una degustazione di vini alla cieca – il suono delle varie batterie? Mi risponde sicuro: «Certo! Ti so dire anche le pelli che montavano, come andavano accordate, tutto!». E continua: «Quando hai l’animo del collezionista ti lasci prendere la mano. Paolo Sburlati sostiene che un batterista deve avere una batteria per suonare, un’altra da insegnamento e una terza da collezione. Ammetto che forse ho esagerato. È risaputa la mia passione nel giro dei musicisti: sono tanti quelli che vengono a chiedermi consulenze e strumenti per i concerti. Oltre ai “set” vintage, ho anche più di 300 rullanti e altrettanti piatti. La conoscenza dello strumento mi ha consentito di lavorare per grandi batteristi come Mel Gaynor, Dj Fontana, Rob Brian e anche Ringo Starr».
In esposizione ci sarà anche la Ludwig Classic Maple Fab Four 22″ Vintage Black Oyster la batteria che suonava Ringo Starr. «Quello della mostra è un percorso che parte dal 1935 e arriva al 1977». Niente anni Ottanta? «Li ho banditi, ma questo da sempre. In Italia inquietante del decennio tutti iniziarono a comprare le nuove Yamaha perché avevano casse sorde, molto efficaci per le registrazioni del tempo. Avendo le tradizionali un sono molto più forte e brillante, nelle incisioni a nastro andavano facilmente in distorsione. Oggi per le registrazioni in digitale le vecchie signore sono semplicemente perfette!».