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Tre autori per rinfrancare lo spirito: Eyal Talmudi, Abel Selaocoe, Gustavo Vaz

Sono tre dischi intensi quelli che vi propongo all’ascolto in questo fine settimana settembrino. Per espressività, musicalità e artisti. Sono andato a scavare nella musica emozionale, in quella che ci ricorda come l’essere umano, mai come ora, ha bisogno di valori ben più alti di quelli che la società ci ha abituati, valori di cultura, di visione artistica. La musica apre la mente, non è ristretta in confini dettati da sterili contrapposizioni politiche e incomprensibili fanatismi religiosi, vola ovunque, appartiene all’uomo in quanto tale.

Ne è convinto Eyal Talmudi, sassofonista israeliano di Tel Aviv, che ha pubblicato la seconda parte di un unico lavoro, Sonolodge (la prima era uscita a febbraio) con il chiaro intento di agire sulla salute delle nostre menti occupate da guerre, carestie, morti. La pensa così anche un altro dei grandi artisti che ascolto quotidianamente, Abel Selaocoe, sudafricano, violoncellista e cantante geniale, e nella sua giovane esuberanza anche il brasiliano Gustavo Vaz, che ha pubblicato il suo primo album dichiarando sin dal titolo il significato della sua arte, Íntimo.

Ascoltateli, aspetto la vostra opinione!

1 – Sonolodge II – Eyal Talmudi – uscita 29 agosto – 11 brani, 37 minuti di ascolto

Il 5 agosto scorso Eyal assieme al fratello Assaf, musicista anche lui, hanno partecipato a un concerto a Tel Aviv per raccogliere fondi da inviare ai civili di Gaza martirizzati da bombe e carestia. Con loro buona parte degli artisti indie del Paese, Noam Inbar, Ram Orion, Karni Postel, Yael Birnbaum, Ohad Fishof, Daniel Meir. Come riporta il quotidiano Haaretz, l’iniziativa non è piaciuta alle frange dell’estrema destra israeliana. Sono piovute minacce talmente serie da indurre gli organizzatori a riorganizzare al volo in un altro luogo il concerto benefico. È andato tutto per il meglio. Tutti i proventi sono stati devoluti a Jumpstarting Hope in Gaza, un’iniziativa congiunta dell’Arava Institute for Environmental Studies e Damour, organizzazione palestinese senza scopo di lucro per lo sviluppo della comunità. Vi racconto questa storia perché capiate chi è Eyal Talmudi. Un musicista che ha sempre concepito la propria attività artistica come mezzo per stimolare la società israeliana. Nei suoi dischi c’è un jazz prog provocatorio, molto elettronico, rappresentazioni del quotidiano (ascoltate Two Days, dall’omonimo album del 2020). In Sonolodge II c’è un altro passo. Una improvvisa quiete, un invito – anche a se stesso – probabilmente a riflettere su come superare il presente. Oltre alla strumentazione con pochissima elettronica c’è in tutto il disco un ampio spazio all’improvvisazione, essenziale per raccontare dove ti porta la mente in quel momento. In Qatza, che in ebraico significa taglio, cesura, dunque essenzialità, la strumentazione usata è centellinata, note distribuite come perle, synth a bordone, il quanun suonato da Ariel Qassis con quel suono metallico ed evocativo è l’unico che traccia una linea melodica continua, Talmudi (al sax, clarinetto, flauto, percussioni), Rejoicer (ai synth), Nitai Hershkovits (al synth, piano, flauto, clarinetto) ed Ester Valladares (al violoncello), evocano sentieri melodici possibili ma non così volutamente dettagliati nella mappa del brano. Più materiale invece la mistica Crossroad Blueprint o vivida la struggente Fear No Demon. Un disco che fa riflettere.

2 – Four Spirits Live – Abel Selaocoe – uscita 15 agosto – 6 brani, 41 minuti di ascolto

Come giustamente ha fatto notare il The Guardian “Chi lo ha visto dal vivo improvvisare e cantare mentre suona, sa che oggi è uno degli artisti più affascinanti che il mondo della musica classica possa vantare. Anche altri generi musicali potrebbero rivendicarne la paternità, ma parte di ciò che lo rende così affascinante è proprio il modo in cui tutte quelle etichette sembrano dissolversi davanti a lui”. Quel lui è Abel Selaocoe, classe 1992, nato a Sebokeng, township a sud di Johannesburg, bimbo prodigio del violoncello scoperto grazie a un programma di musica per bambini a Soweto, mandato a 13 anni con una borsa di studio nell’esclusivo St. John’s College di Johannesburg e da lì nel prestigioso Royal Northern College of Music di Manchester dove si è laureato. Il terzo lavoro del musicista sudafricano, dopo gli splendidi Hymns of Bantu del febbraio di quest’anno e Where is Home / Hae Ke Kae del 2022, è un concerto registrato dal vivo alla Queen Elizabeth Hall di Londra nel marzo scorso, insieme con l’Aurora Orchestra diretta da Nicholas Collon, e con il percussionista austriaco Bernhard Schimpelsberger. Il concerto in quattro movimenti è opera di Selaocoe, ogni movimento è dedicato a uno spirito guida: il primo, MaSebego, rende onore ai guaritori tradizionali, capaci di collegare gli antenati al mondo moderno; il secondo, Bana, ovvero “ragazzi”, celebra la curiosità del gioco, il valore educativo dell’infanzia; il terzo, Tshepo, Fede, indica la fiducia, la speranza, il valore della preghiera come forza nutritiva ed elemento universale; il quarto, Simunye, che si può tradurre Noi siamo uno, parla della necessità di restare uniti e in pace. Il movimento è composto da due parti: Uthando (Amore) e Malibongwe (un canto tradizionale di lode). Comunione, unità, senso di comunità è considerato forse lo spirito guida più importante. Nel disco è stato inserito anche Tshole Tshole (in Zulu, lasciar fruire), brano d’apertura di Hymns of Bantu, che diventa la degna conclusione di un album “maestoso”. Nei 41 minuti di ascolto è racchiuso il senso della musica di Selaocoe, l’improvvisazione, cardine determinante, il canto armonico e diplofonico di cui è maestro, il coinvolgimento di tutta l’orchestra nel canto come azione collettiva e unificante, il dialogo stretto con Schimpelsberger, voce e percussioni, “chiacchierata improvvisata” e potente. La grande capacità del giovin compositore è quella di fondere musica classica con musica tradizionale creando di fatto un nuovo genere. Non protestino i melomani, la musica è fatta per essere vissuta!

3 – íntimo – Gustavo Vaz – uscita 4 settembre – 7 brani, 25 minuti di ascolto

Uscito una settimana fa íntimo è il primo disco solista di Gustavo Vaz, nato nel Minas Gerais, laureato in musica e chitarra (violão) popolare alla UFMG, l’Università Federale di Minas Gerais a Belo Horizonte. Gustavo dalla sua ha la passione per la grande musica popolare brasiliana. Nella raffinatezza del suo canto ricorda Caetano Veloso, così come nell’estetica musicale. Si sente che ha ascoltato tanto, dai classici della bossa, Elís Regina inclusa, a Luiz Gonzaga padre della musica nordestina. La dimostrazione che dall’altra parte dell’Atlantico non esiste solo il Funk Carioca, di cui si celebrano numeri e ascolti proprio in questi giorni, ma per fortuna ci sono anche giovani musicisti che portano avanti la MPB con tenacia e bravura, producendo album freschi, con buone soluzioni artistiche e musicali nel filone degli anni ’70, ’80 e ’90 del secolo scorso. E questo grazie anche alla collaborazione negli arrangiamenti del musicista e produttore Rafael Martini (ascoltate la sua Suite Onírica, album del 2017!). Gustavo suona la chitarra in modo pieno, carico di sfumature: in Sinais, seconda traccia del disco, si sente la sua passione per i tropicalisti, così anche in Sete Passos, che contiene accenni ritmici di musica nordestina, uno dei generi a lui cari. Un disco veloce, accogliente, bello nelle soluzioni e nelle armoniche, come dimostra la sognante Todas as vezes qui você voltar o l’uso di accordi aperti in Desconhecer. Di Gustavo Vaz ne sentiremo ancora parlare, statene certi.

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