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Mila Trani al Blue Note con “Menta Selvatica”: un concerto che narra il mondo

Mila Trani – Foto Roberta Lo Schiavo

In Mila Trani il concetto di World Music si espande, come un fiume, in mille derivazioni. Tante quante sono le sue passioni e i suoi ascolti. C’è la musica brasiliana, cardine su cui si fonda il suo andare nella musica, ci sono i ritmi afro (cubani e brasiliani), c’è il canto nordafricano, il flamenco, la musica popolare, quella dei Balcani e turca. Tutto concentrato con sapienza e armonia in nove brani per 42 minuti di ascolto e un titolo, che poi è anche quello di un brano, Menta Selvatica, piuttosto strano e accattivante. Nemmeno la voce possiamo definirla una costante, vista la versatilità con cui questa giovane artista usa il suo vero strumento. Anni di studio, di perfezionamento, di lavoro e curiosità le hanno donato una voce che riesce sempre a stupire e non assopire. Con la voce tesse ricami e racconti che si fanno ricordare.

Pubblicato a gennaio di quest’anno, Menta Selvatica sarà protagonista di un concerto il 21 settembre, al Blue Note di Milano (il 18 sarà a Bologna al Bravo Café). Concerto che consiglio vivamente, visto che Mila si presenterà con il suo quartetto composto dal chitarrista italiano Bartolomeo Barenghi, da anni nella capitale catalana, dalla violoncellista francese con vita a Barcellona Sandrine Robilliard, e dal percussionista catalano Martí Hosta. Mila attualmente si divide tra Barcellona e Milano dove ha attivi vari progetti. La capitale catalana è una sirena che attrae musicisti da tutto il mondo.

La riprova? Questo album che potremmo definire la summa della curiosità, dello scambio, crogiolo di razze, storie personali, culture. Il diverso è fonte di ispirazione non di diffidenza. L’accoglienza è la base per crescere tutti insieme. Ricordatevi di tutto ciò quando metterete in cuffia questo lavoro, otto pezzi scritti da Mila e uno, Sentimento, omaggio alla bravura degli Avion Travel, di cui l’artista è una fan convinta. Ascoltate Menta Selvatica, o la struggente Lontano, o ancora, Sorella Malinconia, un bolero d’altri tempi e capirete di cosa sto parlando…

Ti sei formata nel jazz, giusto?
«Sì, ho studiato alla scuola civica di jazz prima con Tiziana Ghiglioni poi con Laura Fedele (una vecchia conoscenza di Musicabile) . Dopo il jazz sono approdata molto rapidamente a un mio amore che coltivo da tempo, la musica brasiliana. Dalla Bossa Nova in poi si apre un mondo… Sono andata ad approfondirla in Brasile, inevitabilmente mi sono dedicata ai ritmi e quindi allo studio delle percussioni. Da queste sono approdata a Cuba, anche lì per studiare e capire la provenienza africana di tutti quei ritmi e in seguito alla musica popolare che è sempre stata molto presente nella mia famiglia, quindi canti tradizionali nei vari dialetti, la musica napoletana…».

I tuoi sono musicisti?
«Mia mamma è sempre stata una canterina anche se non una cantante professionista. Da piccola mi insegnavano i canti siciliani, abruzzesi, pugliesi, i luoghi di dove sono originari…

Quindi vai di Pizzica e Taranta!
«Cavoli, sì, Pizzica, Taranta. Però anche tanto canto napoletano, tanto tanto Murolo, e poi stornelli romani con Gabriella Ferri, che adoro!».

Sei nata a Milano?
«Sì, attualmente sto vivendo a Barcellona, è una città a misura d’uomo, molto avanzata Barcellona, sembra una città del Nord Europa, ma con le caratteristiche del Sud e quindi è… una bomba, meravigliosa, stimolante, c’è tutta la musica che ti può venire in mente, visto che ci vivono musicisti provenienti da tutto il mondo, una cosa che in Italia, purtroppo, non accade in nessuna città. Però poi mi sposto tanto ancora a Milano perché ho progetti rimasti attivi, principalmente Malanga Voice Orchestra, un coro di donne che dirigo da alcuni anni con cui ho fatto delle cose anche molto belle, ho suonato anche con Cristina Donà…».

Da dove arriva il titolo del disco e del brano Mente Selvatica?
«È una canzone giunta da un sogno – ho un’attività onirica piuttosto presente – prima di tutto è arrivata questa parola su cui poi ho sviluppato tutto il resto del brano».

Un album che possiamo definire a tutti gli effetti World Music!
«Ho fatto un giro del mondo, è bello che si senta. Ho messo dentro tutte le mie esperienze, sono una curiosa, sempre alla ricerca di linguaggi nuovi. Principalmente perché ho voglia di fare ricerca vocale, quindi mi affascinano dei suoni e cerco di capire come funzionano e poi anche perché in realtà riconosco già nella mia voce orami da tempo alcune strutture che fanno parte sì delle nostre radici, ma che hanno origini ben più antiche. È per questo motivo che ho studiato canto arabo, turco, greco, eccetera. In Menta Selvatica c’è tutto questo. In più ho studiato percussioni brasiliane, afrobrasiliane, cajon in Spagna. Semplificando, il contenuto dell’album è stato il mio percorso fino a oggi».

Menta Selvatica è il tuo primo lavoro solista, giusto?
«Esatto, anche se più di dieci anni fa avevo pubblicato un Ep autoprodotto (Nove, ndr), rimasto confinato in una nicchia. Dopo quell’uscita mi sono dedicata per anni agli Elephant Claps che è un altro mio progetto, questa volta di canto a cappella, con cui ho girato il mondo. Abbiamo vinto tanti concorsi in giro per l’Europa (l’Aarhus Vocal Festival in Danimarca nel 2017 e il Vokal Total in Austria l’anno successivo, ndr). Ora ho deciso di dedicarmi un po’ più a me stessa, ho scritto questo disco dove è venuta fuori la mia essenza».

Qual è il tuo strumento?
«Compongo con il pianoforte, è più facile per me trovare le armonie avendo studiato jazz sul piano. Con la chitarra faccio proprio i tre accordi della musica popolare. Di solito mi avvalgo della compagnia di bravi musicisti, perché altrimenti sarebbe difficile dare forma alle mie idee».

Chi sono gli artisti che ti hanno accompagnata?
«Bartolomeo Barenghi, un italiano che vive a Barcellona da vent’anni. È di Varese, anche lui viene dal jazz, dalla musica brasiliana, ha suonato con tanta gente molto brava, con lui ho anche arrangiato una parte dei brani. E poi c’è un catalano, Martí Hosta, alle percussioni e una francese, Sandrine Robilliard, al violoncello. Di base siamo noi. Ci sono degli ospiti, un contrabbassista, Pau Lligadas, e una violinista Lluna Aragón, entrambi catalani, un flautista greco, Christos Barbas, e la partecipazione di una cantante argentina, Ana Rossi. È stato un lavoro corale, la base comunque è gestita dal Quartetto».

Cosa ti ha catturato della musica brasiliana?
«Tante cose, forse la prima che mi ha sconvolta sono stati i cori di Samba, tutti che cantano all’unisono. Che potenza! E poi il ritmo, ho iniziato a suonare molto giovane le percussioni a Milano nel collettivo Mitoka Samba con Gilson Silveira. Avevo 18 anni, da lì mi si è aperto il modo del Brasile. Poi ho “scoperto” le voci, Caetano Veloso, Elís Regina, Monica Salmaso, Gal Costa, Marisa Monte. Adesso c’è Vanessa Moreno che mi piace particolarmente. Come anche un bassista,  multistrumentista e cantante Munir Hossn (paranaesne di nascita, cresciuto a Bahia e ora a Miami; ha suonato con Quincy Jones, Hermeto Pascoal, Roberto Mendes, Daniela Mercury, Gilberto Gil, Joe Zawinul Syndicate, Alfredo Rodríguez, e molti altri, ndr). Credo che il Brasile sia uno dei luoghi in cui la musica tradizionale si sia fusa nel migliore dei modi con tutti gli altri generi dando vita a qualcosa di nuovo e grande».

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