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Olivia Trummer e Nicola Angelucci: Dialogue’s Delight!

 

Olivia Trummer e Nicola Angelucci – Foto Andrea Boccalini

C’era una volta una volpe vezzosa e canterina che amava la musica. Aveva imparato a suonare il pianoforte da cucciola. Era diventata amica di un coccodrillo che annunciava il suo arrivo battendo zampe e coda, creando nel tranquillo scorrere del grande fiume tanti cerchi concentrici, ritmati ricami d’acqua. Con lui si trovava per suonare e cantare, insieme si capivano attraverso la musica. Ritmo e armonia. Una scimmietta, brava fisarmonicista, li sentì suonare e si inserì in quei divertenti dialoghi. I tre diventarono inseparabili, superarono le loro visibili differenze affidandosi alla musica, linguaggio universale…

Viene spontaneo iniziare con una favola, guardando la cover – e l’allegato libretto – opera dell’illustratrice Cecilia Valli di Dialogue’s Delight, primo lavoro del duo Olivia Trummer e Nicola Angelucci con la partecipazione di Luciano Biondini. L’antropoformizzazione di Olivia, creativa pianista e cantante di Stoccarda, di Nicola, uno dei più apprezzati batteristi jazz della scena internazionale e di Luciano, prezioso fisarmonicista è un piccolo tocco di genio della Valli. Cosa c’era di più narrativamente forte e immediato che immaginare il dialogo di tre “animali umanizzati” così diversi? La musica fa queste magie, unisce gli opposti, garantisce e rispetta le differenze, le esalta come massima forma d’arte.

E sta proprio qui il valore di questi deliziosi dialoghi, brani nati dal sodalizio di Olivia e Nicola, eccezion fatta per due standard, When I fall in love di Victor Young e Lil Darlin di Neal Hefti, a rimarcare il legame e la passione per le radici del jazz made in Usa. Un duo volutamente senza il contrabbasso a sottolineare una sostanziale differenza rispetto a un normale trio jazz, non un vezzo ma una decisione legata al senso del lavoro, un dialogo più “arioso”. Anche l’inserimento della fisarmonica è una scelta ragionata, un’ulteriore aggiunta armonica che rende il tutto molto leggero, romanticamente etereo, anche nelle improvvisazioni. 

Lo si percepisce chiaramente in French Puppets, dove uno strepitoso Biondini immagina i movimenti delle marionette partendo lieve e incerto accompagnato dai tamburi percossi a mano di Nicola per poi trovare più sicurezza con l’inserimento del pianoforte di Olivia che scandisce volutamente questi balzelli ritmici, amalgamando nel dipanarsi del tema, la scena di questo teatrino francese: 5 minuti e 51 secondi di vera delizia. La title truck, Dialogue’s Delight, vive in un’atmosfera sospesa grazie al piano Rhodes, alla voce vellutata di Olivia e alla rispettosa parte ritmica che tesse orditi sonori di grande effetto.

 

Ho raggiunto Olivia e Nicola per una chiacchierata in streaming. 

Com’è nato il vostro sodalizio?
Olivia: «Ci siamo incontrati perché dovevo fare alcuni concerti in Italia. Volevo conoscere musicisti nuovi così mi hanno indicato un po’ di nomi, tra questi c’era Nicola. Non mi piaceva l’idea del trio. Suono tanto in solo, per me il duo è già il doppio del normale! Mi piaceva l’idea di avere un dialogo con un altro musicista».
Nicola: «Quando ci siamo conosciuti nel 2016, avevamo un concerto a Moena e siamo arrivati entrambi il giorno prima, senza metterci d’accordo. Il contrabbbasista ci avrebbe raggiunto il giorno del concerto. Che facciamo? ci siamo chiesti. Abbiamo suonato insieme ed è venuta fuori una bella situazione. Da allora sono passati un po’ di anni, abbiamo pensato a un progetto in duo, ed eccoci qua!».

I dialoghi che avete messo in musica sono tutte composizione vostre…
Nicola: «Ci sono solo un paio di standard, perché siamo molto legati alla tradizione. Un paio li abbiamo scritti insieme e gli altri sono miei o di Olivia».

In questi dialoghi avete inserito anche la fisarmonica, strumento, evocativo…
Olivia: «Non poteva essere un basso sennò ricadevamo nel classico trio, non volevamo nemmeno un fiato, perché sarebbe andato forse troppo in conflitto con la voce. Nicola ha pensato a Luciano. La fisarmonica lascia i ruoli aperti, ha le armonie, può essere un solista, e allo stesso tempo molto ritmica. È uno strumento impressionante dal punto di vista della dinamica e dell’emozione musicale».
Nicola: «Bisogna fare attenzione, dipende dalla bravura del pianista e del fisarmonicista, proprio perché tutti e due gli strumenti possono fare l’armonia e la melodia. È necessario essere aperti, disposti ad ascoltare cosa c’è intorno, altrimenti può rivelarsi  controproducente».

Nicola Angelucci, Olivia Trummer e Luciano Biondini – Foto Andrea Boccalini

Veniamo all’improvvisazione: non è altro che il poter esprimere la propria opinione in un consesso musicale. Fatta in questo trio come la vivete?
Nicola: «Tendo sempre a mettere il mio strumento al secondo posto, al primo c’è la musica, cioè l’ascoltare gli altri, vedere quello che ti succede intorno, non suonare per cliché ma sempre con le orecchie e la testa aperte, avere la prontezza di reagire a quello che ti capita rispettando chi sta sul palco con te. Questione di interplay».
Olivia: «Nella registrazione tutto deve avere un senso più “compatto”, per questo con Luciano abbiamo chiarito la libertà di movimento di ciascuno. Nei concerti invece suoniamo più liberamente. Luciano è uno spirito libero, mi dà molta ispirazione. Suonare con lui mi fa crescere, lo apprezzo per la sua flessibilità e spontaneità». 

Olivia i testi sono opera tua. Come nasce una composizione?
«È un processo misterioso anche per me, non si può programmare né spiegare. Funziona così: di solito la musica nasce prima, provo ad ascoltare quello che mi dice la melodia. C’è un momento dove questa sembra parlare, un minimo dettaglio, una parte del ritornello che poi sviluppo, pensando anche alle rime. La rima per me è più facile perché mi dà ispirazione. È l’emozione di creare una scala dove poter salire. Il testo per me ha la stessa importanza della musica».

Olivia, oltre al pianoforte usi anche il Rhodes. Qual è la differenza tra un piano a coda e uno elettrico, diventato un mito?
«Ho cominciato suonando il pianoforte, ma sempre con la voglia di improvvisare. I primi anni non leggevo la musica, ascoltavo mia mamma e la seguivo. Allora non conoscevo la differenza tra musica scritta e musica suonata, forse per questo non ho mai accettato quelle caratterizzazioni. Per me è una cosa naturale. Bach improvvisava, era normale anche a quei tempi. Lo stesso vale anche per gli strumenti. Io uso le mie mani… non penso al piano elettrico o classico, ma sempre alla musica che voglio suonare. Tanti brani funzionano bene con il Rhodes».

Nicola, come concepisci la batteria jazz partendo dalla tua esperienza..
«Ho avuto e ho la fortuna di suonare in diverse situazioni, anche molto diverse tra loro. Non mi piace etichettare un genere, vado dietro alla musica, a quello che sta succedendo in quel momento. Il disco, per esempio, l’ho registrato con tovaglioli appoggiati sulla batteria. Dal vivo mi sono accorto che non avevo più quell’esigenza. Suonare per esempio con il quartetto di Fabrizio Bosso è completamente diverso che suonare in duo con Olivia… sia lei sia Fabrizio mi lasciano molta libertà, la cosa più importante sul palco, perché significa avere fiducia uno nell’altro».

Come vedete la situazione musicale in questo momento?
Olivia: «Penso che ci sia tanta musica buona, ma che sia difficile da trovare. Non capisco come funzioni il mercato, perché le radio propongano certa musica che non merita d’essere trasmessa…».

Siamo in un momento di semplificazione, più è facile, più piace…
Nicola: «Non è del tutto sbagliato. La musica negli ultimi anni spesso viene più vista che ascoltata ed è un problema. Il semplificare mi vede d’accordo: sul palco tendo a fare meno azioni da strumentista e più cose per la musica». 

Ma quello non è un semplificare, è mestiere! Parlavo di ascolti, in Germania la gente va ad ascoltare proprio i musicisti poco conosciuti perché c’è curiosità di scoprire…
Olivia: «È una questione di superficialità, la qualità dell’ascolto scade, ma ciò non significa che io debba cambiare. A me interessa fare buona musica, e sono felice quando trova l’attenzione dell’ascoltare. È facile deprimersi vedendo gli ascolti, ma non ho paura. Vado avanti per la mia strada».
Nicola: «Aggiungo che manca anche la curiosità di andare a cercare cose belle».

Quest’estate porterete “live” il vostro lavoro?
Nicola: «L’appuntamento importante è l’11 luglio a Umbria Jazz in duo (alle 12 nella Sala Podiani – Galleria Nazionale dell’Umbria, ndr)».
Olivia: «Il problema è che c’è un solo Nicola e che sta suonando tantissimo. Di un tour se ne parlerà sicuramente in autunno».

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