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“Siccità”, la colonna sonora. Ne parla Franco Piersanti

Franco Piersanti – Foto Nathalie Tufenkjian

Con Siccità, film di Paolo Virzì ancora nelle sale, il 30 settembre scorso, è uscito anche il disco contente la colonna sonora. Dodici brani firmati da Franco Piersanti, uno dei compositori più creativi e blasonati del nostro “cinema sonoro”. A Venezia il lavoro – pubblicato da Edizioni Curci –  s’è aggiudicato il Soundtrack Stars Award 2022 per la miglior colonna sonora.

Una composizione per orchestra che riesce a rendere tattile l’arsura, la secchezza che in sé ha una drammaticità letteraria: viene in mente il bellissimo libro di Graciliano Ramos, Vidas Secas (pubblicato nel 1938), che poi diventò, nel 1963, anche una pellicola diretta da Nelson Pereira dos Santos, talmente forte e verista che la dittatura militare ne vietò la visione perché “distorceva” il racconto rassicurante del regime. 

Siccità (il film) è presentato come commedia, e lo è nell’intreccio spesso surreale delle storie dei suoi personaggi che lavorano, vivono, discutono, amano, sognano in quella quinta ocra che è una Roma totalmente priva d’acqua da mesi. Il Tevere in secca, uno degli elementi forti del film, ha un grande fascino, sebbene funesto. La poetica del secco descrive questa attrazione in un adagio che sembra raccontare minuziosamente la città e le anime dei protagonisti. La colonna sonora di Franco Piersanti rappresenta bene tutto ciò, è la trasposizione in musica di una pellicola che, nel suo svolgimento, si avvia progressivamente alla catarsi: l’ultimo brano, Pioggia, diretto dal maestro Alessandro Molinari e suonato dalla Roma Film Orchestra, giocato sui tasti di un pianoforte, segna il momento della trasformazione dalla polvere all’acqua. Il miracolo avviene mentre l’ensamble concertistico si apre in un movimento sempre più ampio, tranquillizzante, e una tromba sembra annunciare una nuova era.

In una sua dichiarazione dopo la vittoria del premio veneziano Piersanti commentava: «Siccità è la mia seconda collaborazione con Paolo Virzì. Se in Tutta la vita davanti del 2008, il registro musicale alternava malinconia, grottesco disciolti in una vaga visionarietà, qui il suono si inacidisce molto, come fosse vittima di una disidratazione fonica, e tutto sembra stridere e alterarsi. È solo grazie alla Pioggia, che chiude il racconto sia delle immagini sia della musica, che i sentimenti rifluiscono, riaccomunando le tante anime vaganti e inaridite di questo film così vibrante della nostra attualità».

Maestro ha composto decine di colonne sonore, da quella del Commissario Montalbano a Il Caimano di Moretti… come è rimasto coinvolto nel mondo del cinema?
«Ho avuto la fortuna di collaborare con Nino Rota, ancora da ragazzo. Ero appena uscito dal Conservatorio e con lui è nata un bella intesa. Quel mondo musicale mi ha lasciato un’impronta molto forte, perché la sfida è dare alla musica applicata alle immagini una propria autonomia».

Lei ha sempre collaborato con registi molto autorevoli, da Nanni Moretti a Paolo Virzì. Penso anche Carlo Lizzani, Roberto Faenza, Ermanno Olmi…
«Per avere collaborazioni autoriali bisogna essere un musicista a tutto tondo, per questo le mie collaborazioni sono sempre state di pregio».

Come si compone una sua colonna sonora?
«Film e musica nascono banalmente seguendo lo stesso percorso: si sviluppa il copione, che poi, puntualmente, cambia in corso d’opera e spesso ti ritrovi tra le mani un qualcosa d’altro da quello che era l’input iniziale. Chi compone deve mettere in conto tutto questo e trovare ispirazione dalle parole, dalle immagini, dai suggerimenti».

Che consigli ha avuto da Paolo Virzì?
«C’erano alcune parole chiave, l’assenza di acqua, il calore, la secchezza che non mi hanno fatto andare verso un clima buono, piuttosto nella direzione di qualcosa di alterato che poi trova una soluzione nel finale con l’arrivo della pioggia e un conseguente tema lirico».

Si è diplomato al Conservatorio in contrabbasso, giusto?
«(Ride, ndr) È stato un caso. Avrei voluto suonare il trombone, ma alle ammissioni c’era un’eccedenza di trombonisti e così sono stato spostato d’imperio direttamente al corso di contrabbasso. Poi mi è piaciuto molto, ho fatto molte registrazioni per il cinema suonandolo».

Quale musica ascolta in questo momento?
«Mi piace tutta. Il mio è un ascolto mentale, non riesco a mettere la musica di sottofondo per leggere o fare dell’altro. Deve essere un ascolto pieno, perché finisco sempre per dedicarci un’attenzione professionale».

Come ha reagito il pubblico alla pubblicazione della colonna sonora?
«Ho avuto tanti segnali positivi da persone che non immaginavo. È difficile dirlo oggi: con il digitale c’è talmente tanta musica che risulta complicato farsi notare. Anche se mi piacerebbe conoscere, per esempio, la fascia d’eta degli ascoltatori…». 

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