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“Nel fiore dei tuoi danni”: rock potente e introspettivo nel nuovo album di Alteria

Alteria, ovvero Stefania Bianchi. È una delle voci di punta di Virgin Radio e Tv, ma è anche una brava ed empatica cantautrice rock, così ama definirsi, con quattro album all’attivo, l’ultimo dei quali uscito in Cd, vinile e musicassetta da collezione, il 19 aprile (dal 9 maggio sarà disponibile in digitale) dal titolo Nel fiore dei tuoi danni (Vrec Music Label). 

Anche in questo lavoro c’è la collaborazione con Max Zanotti, cantante, musicista e producer comasco molto attivo soprattutto nel mondo alternativo e indie. Un disco scritto a quattro mani che segna un nuovo passo nell’evoluzione artistica di Alteria: il rock qui diventa più introverso, dark, 12 brani che alternano l’esplosione di chitarre, basso e batteria completati dalla sua voce potente a pezzi più introspettivi, con chitarre acustiche a guidare questa volta una voce morbida. Stefania ha messo a nudo le sue due sfumature, quella “heavy” e l’altra più sensibile, vulnerabile. Camomilla col Gin chiarisce questo suo essere duale: Mi capita di essere più scomoda delle nuvole in un cielo blu, blu, blu, che non si sogna di piovere e non pioverà.

Nel fiore dei tuoi danni, il brano che dà il titolo al disco, Alteria, madre, guarda la figlia diciannovenne, non la giudica, sembra cedere il testimone della ragazza ribelle pur rimanendo lei stessa una ribelle come ribadisce nel brano successivo, Personalissima rivolta. Un alternarsi di rock a chitarre distorte a ballad ammorbidite dai pensieri, un invito alla riflessione nel perfetto stile cantautorale.

Un bell’album, dunque, vero, sincero, scritto bene e suonato altrettanto bene grazie a una band di  ottimi professionisti, che vede oltre a Max Zanotti alle chitarre, Alessandro Ducoli alla batteria, Elettra Pizzale al basso e Thomas Festa alla chitarra.

Perché Nel fiore dei tuoi danni?
«È il titolo di una canzone contenuta nel disco che parla di mia figlia che di anni ne ha 19, quindi lei è veramente sia nel fiore degli anni sia in quello dei danni. Mi piaceva molto il gioco di parole. E poi non ti nego che, riflettendoci su, anch’io, che di anni ne ho 40, di danni ne continuo a combinare. Così si prestava molto anche alla mia di storia personale».

Che cosa vuol dire suonare Rock nel 2025? Te lo chiedo da musicista ma anche da addetta ai lavori…
«Bella domanda! Sicuramente da un punto di vista sonoro sono ancora presenti alcune caratteristiche del Rock come lo si può intendere nel senso più popolare, e cioè chitarra distorta e batteria un po’ più pesante, anche se non sono più obbligatorie. Credo sia più una questione di attitudine, ma anche tanto di percorso musicale, sicuramente quello di un’artista rock, essendo un genere che non è il mainstream, deve scontare quel viaggio un po’ più complicato per giungere alle orecchie delle persone. Quindi lo associo all’aspetto della famosa gavetta, dei tanti concerti e concertini. Il Rock vive di realtà, di verità, di cose pragmatiche – il concerto, il creare la fan base, la scena – e meno, secondo me, di illusione. Tra tutti i generi è quello che soffre di più l’aspetto streaming e social».

Il Rock è un genere che ha una sua solidità!
«Sì, secondo me è proprio una questione di solidità. Rimane un po’ l’idea del nudo e crudo, ovviamente non siamo più negli anni ’70, però il concetto di musica rock è ancora legato a un percorso un po’ più autentico.Dunque, fa a cazzotti con certe realtà che sono fluide: è difficile che una canzone rock diventi famosa su Tik Tok per un balletto! Ci vuole una fama, se di fama vogliamo parlare, concreta».

Sono cresciuto a pane, salame e Rock: Pink Floyd, Genesis, Deep Purple, Led Zeppelin, King Crimson. Allora erano il mainstream, oggi il mainstream è un’altra cosa, di una semplicità e di una banalità sconcertante. Eppure in Italia ci sono bravi artisti, cantautori, rocker, jazzisti che bisogna andarseli a cercare col lanternino…
«È molto, molto complicato, non ti nego che spesso mi dico: ma chi me lo fa fare? Ho la fortuna di avere un lavoro che unisce le mie passioni, la cantante e la radio. Anche perché arrivo da una famiglia musicale: mio papà Emilio è stato uno dei primi dj radiofonici di una radio libera, radio Reporter. Sono due passioni che si muovono da sempre insieme, quella della radio, lo dico con ufficialità, è decollata, sono contentissima di quello che faccio in Virgin. Per quanto riguarda l’aspetto musicale è come dicevi tu, in Italia fare rock è sempre più complicato, è una battaglia. Io continuo a sbatterci la testa perché mi piace proprio tanto!».

Quattro album pubblicati più o meno a distanza di quattro anni uno dall’altro. Perché?
«Sarà un caso, ma passato questo periodo mi torna l’urgenza di dover scrivere. Il mio ultimo disco, Vita imperfetta, è del 2021. C’era stato anche il lockdown di mezzo, avevo sofferto perché non c’era la possibilità di suonare, di farlo conoscere in giro. Quando sono ripartita a scrivere, un anno fa, non ti nego che ho fatto un po’ di fatica, probabilmente tutto l’insieme degli accadimenti mi aveva bloccato, ma soprattutto scrivevo in maniera molto morbida a livello di musicalità, molto unplugged, con tante chitarre acustiche. Pensavo fosse un po’ troppo in contrasto con il mio essere, e cioè voler fare la cantante Rock. In realtà mi sono detta: “Ma sai che c’è? Faccio un disco dove mostro veramente, non ti dico sia il 50 e 50 ma quasi, la mia doppia sfumatura”. Perché in questo lavoro c’è tanto Rock, spinto, potente, distorto, ma anche tanto di cantautorale, di più riflessivo e introverso. Non mi sono voluta bloccare nello stereotipo dell’incazzata a tutti i costi, ma ho preferito mostrare entrambe le sfumature. Amo il Rock ma anche tantissimi cantautori italiani».

Per esempio?
«Da Lucio Dalla a Mina e Battisti, ascoltati da bimba a casa. Quel Dna mi è rimasto, non mi sto minimamente paragonando a questi mostri sacri, però mi piace giocare con le parole, con l’interpretazione della voce. Ho voluto dare sfogo a questa esigenza, ma anche alla parte un po’ più tamarrina che indubbiamente ho!».

Quindi il significato di questo tuo lavoro si può riassumere nel brano Camomilla col Gin!
«Esatto, la sintesi è quella! Lì parlo proprio di questo dualismo, del fatto che sono anche una persona estremamente introversa e malinconica, nonostante chi mi conosce per il mio lavoro non lo direbbe mai. Sono in onda tutte le mattine, energetica a mille, sempre sorridente… Però c’è anche il mio lato riflessivo».

Quali sono le collaborazioni in questo album?
«Il disco l’ho scritto a quattro mani con Max Zanotti – è stato il fondatore e cantante dei Deasonika e dei Casablanca. L’ho sempre apprezzato tantissimo, in primis come cantante, è incredibile, e poi come produttore. Abbiamo iniziato a lavorare già tre dischi fa e non l’ho più mollato, per il semplice fatto che abbiamo un gusto musicale molto, molto simile. Una bella amicizia e una bellissima intesa musicale. Con noi abbiamo chiamato per registrare – alcuni sono con me sul palco – il batterista Ale Ducoli, dal vivo con me c’è una bravissima bassista, Elettra Pizzale e, alla chitarra, oltre a Max Zanotti, che ha prodotto il disco, Thomas Festa, fino a pochi mesi fa in tournée con Laura Pausini».

Avete già iniziato a portare live il disco, giusto?
«Sì la prima data ufficiale è stata l’11 aprile al Pianeta Sonoro di Roma. Sono contenta perché sono riuscita a piazzare un bel po’ di date in giro per per l’Italia. In maggio, il 10 saremo al Revolution di Colceresa (Vicenza), il 15 al Legend Club di Milano, il 16 al Lupus in Fabula di Nimis (Udine), il 17 all’Alchimia di Bologna, il 23 al Morbegno Free Rock Festival (Sondrio) e il 30 al Blah Blah di Torino. Insomma, giriamo! L’idea è proprio quella di andare a respirare quell’aria adrenalinica del concerto Rock. Mi sono strarotta le palle di fare i video sui social dove canto e invito le persone ai live! Ho voglia di esserci fisicamente, di conoscerti, di bermi una birra con te, di farti ascoltare il mio disco e, se ti piace, te lo compri a fine live. Ho bisogno di quella dimensione!».

È quello che dovrebbe essere, no?
«Anche qui è un discorso, complicato: non mi sto lamentando, anzi sono molto fortunata in quello che faccio nella mia piccola nicchia di fan base. Però non è facile per niente, perché ovviamente per fare in modo che una persona possa comprare il biglietto di un tuo concerto devi essere esposto musicalmente, e se il genere fa fatica a essere esposto, automaticamente fai fatica a coinvolgere le persone, è un circuito così. È di nicchia, è più difficile. Diciamo che ci arrivano i buongustai. Ecco, mettiamola così».

Tua figlia che ha 19 anni che musica ascolta?
«Abbiamo passato anni bui, in cui ho ascoltato tanta, tanta di quella musica Trap… E vabbè, insomma, inevitabilmente ho avuto modo anche di conoscere un po’ meglio le cose di cui tanto avevo sentito parlare, di testi, di linguaggio “troppo”, e via dicendo. È un genere che faccio fatica a comprendere. Per fortuna, crescendo, si è un po’ allontanata da quel mondo, ma di sicuro non è una rockettara, ti direi una bugia! Si muove più nel mondo del Pop, della musica più mainstream». 

Da Dj e Vj Rock hai il polso della situazione: ci sono ancora poche artiste Rock come negli anni Settanta o ci si è evoluti?
«Quando ero bimba ascoltavo tanto Skin, Dolores O’Riordan, Sandra Nasić, eccetera. Oggi secondo me ci sono molti più esempi di donne nel Rock e nel Punk e questo mi piace un sacco, lo vedo appunto in radio. Ti parlo di musica internazionale, non italiana. In realtà anche qui da noi ci sono molte tipe fighissime. Quindi, chi lo sa?, magari ce la faremo. L’altra cosa che penso è che sarebbe bello che il Rock non diventasse mai propriamente mainstream, Rock è Rock perché è la parte “cattiva”, tra virgolette, alternativa, e va bene così. Bisogna solo dargli qualche sferzatina in più, ma vogliamo essere ottimisti».

La parte cantautorale, invece? Di riferimenti femminili ne ho parecchi, però volevo sentire da te…
«Onestamente, se parliamo di testi, non vado quasi mai a vedere se il cantautore è maschio o femmina. Altro conto è l’attitudine quando ti esibisci dal vivo. Mi incuriosisce vedere una donna come porta la cazzimma Rock sul palco, mi viene quasi da immedesimarmi di più. La parte cantautorale: di sicuro ci sono tante cantautrici. L’altra sera ero sul palco dei magazzini generali con Cristina Donà, è un nome storico ovviamente. Andando sui grandi nomi come lei ho sempre amato molto gli album di Levante. Poi in realtà gli altri nomi che mi vengono in mente ora sono di maschi: ho apprezzato molto l’ultimo lavoro solista di Manuel Agnelli. Adoro Brunori Sas, per farti dei nomi un po’ più contemporanei. Ah, ecco! C’è Giorgieness che è una ragazza della mia età, anche lei si muove nel sottobosco alternativo ed è molto brava… C’è tanta buona musica, bisogna solo avere la voglia di andare a scovare artisti che si muovono su percorsi diversi».

Lo facciamo noi per lavoro ma non penso che tutti abbiano questa voglia. All’estero c’è più curiosità, non trovi?
«Ho suonato tanto fuori Italia negli ultimi anni, soprattutto in Germania: facevo un omaggio ai Deep Purple. Ti giuro, rimanevo sconvolta dal fatto che venivano in 1000, 1500 persone a 35 euro a biglietto a vedere, sostanzialmente, una cover band. In Italia, grazie a Dio, questo non succede! LA spiegazione che mi sono data è che in molti posti d’Europa c’è la cultura dell’uscire, dell’andare ad ascoltare musica dal vivo molto più di qua. In Italia possiamo sperare che ci sia un po’ più di curiosità ma, appunto, resta una speranza. Confidiamo che i social possano portarti a scoprire qualcosa che diversamente non andresti a cercare. Però è molto complicato, perché siamo bombardati da una valanga di musica».

Già, hai ragione, però...
«Ti confesso, proprio per alcune cose sono tornata alla vecchia maniera: interagire il più possibile con le persone che vengono ai miei concerti, cercare un tipo di connessione più…reale, umana».

Tangibile, che è quello che manca ai social!
«Certo, La cosa bella del live è che una volta che arrivi lì, è lì e basta! È la prova del Nove non puoi fingere. Ascolti l’artista ti piace? non ti piace? Torni comunque a casa con una bella sensazione».

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