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Milano: Giovanni Nuti canta tra Alda Merini e Milva

Giovanni Nuti – Foto Giovanni Di Duz

Non occorre che io mi sieda sul letto
A rivedere i sogni perduti
Basta guardare gli occhi di Milva
E vedo la mia felicità
Coloro che pensano che la poesia sia disperazione
Non sanno che la poesia è una donna superba
E ha la chioma rossa
Io ho ammazzato tutti i miei amanti
Perché volevano vedermi piangere
E io ero soltanto felice

I versi di Alda Merini dedicati a Milva riassumono bene quello che è stato il sodalizio – breve ma intenso – tra la poetessa e la cantante. Due donne che hanno nobilitato Milano, dotate di una acuta intelligenza, capaci di forti disperazioni e di altrettante gioie, il cui percorso artistico è stato accompagnato da calvari personali laceranti. Due donne che hanno tratto da questi immensi dolori, l’una i ricoveri negli ospedali psichiatrici, l’altra le profonde depressioni, linfa per la parola e il canto…

 

Tra loro c’è un trait d’union: Giovanni Nuti, musicista e cantautore, l’artista che ha trasformato in musica i versi di Alda e che ha permesso l’incontro tra lei e Milva, sfociato in un disco del 2004 Milva incontra Merini. Ve ne parlo perché questa sera, nell’ambito di Milano è Viva al Castello, al Cortile delle Armi del Castello Sforzesco, alle 21, Nuti metterà in scena uno spettacolo dedicato alle “sue” donne: E io tra di loro – Giovanni Nuti in concerto – tra Alda Merini e Milva.

Una sera di poesia e musica, ci sarà anche un cameo con Grazia De Michele, dove Nuti duetterà su Le donne dell’Est. Con il musicista toscano, sul palco ci saranno José Orlando Luciano al pianoforte e tastiere, Andrea Motta alla chitarra, Simone Rossetti Bazzaro al violino, Carlo Giardina al basso ed Emiliano Oreste Cava alla batteria e percussioni.

È un appuntamento dove, oltre alla poesia e alla musica, nobili arti, c’è anche un terzo invitato, il ricordo. Che può essere difficile, complesso, a volte doloroso, ma che è uno dei pilastri su cui si dovrebbe basare tutto il nostro “essere sociali”. La Merini se n’è andata il primo novembre del 2009, mentre Milva il 23 aprile dello scorso anno. Ed è un bene che Milano continui a offrire queste attenzioni.

Alda Merini e Giovanni Nuti – Foto Girodano Benacci

Il sodalizio Merini-Nuti è durato 16 anni, mi ha incuriosito il fatto che un giovane musicista nei primi anni Novanta fosse rimasto folgorato dalla poetica di una donna di 33 anni più anziana, tanto da voler mettere in musica i suoi versi. Così, alla viglia dello spettacolo l’ho chiamato…

Giovanni quello con Alda non è stato un incontro casuale…
«La sua poesia mi è materialmente caduta addosso: ero in libreria quando mi è scivolato sui piedi un libro che è rimasto aperto. Era una raccolta di sue poesie. Ne ho letto alcune e, tornato a casa, ho iniziato a metterne una in musica. Ho deciso che dovevo conoscerla, incontrarla, farle ascoltare il mio lavoro».

Quindi sei andata a trovarla?
«Si, era in ferie all’hotel Certosa, a 500 metri da casa sua! Ho trovato geniale questo suo modo di fare vacanza. Ci incontrammo lì. Lei ti leggeva nell’anima. Le sue prime parole, dandomi la mano, furono: “Lei farà successo con le mie poesie”. Non aveva ascoltato nulla della mia musica. Da quell’incontro non ci lasciammo più».

E Milva?
«È stata una derivazione da Alda. Le portai un paio di brani da ascoltare, lei accettò e così nacque il disco Milva canta Alda».

Erano due donne forti!
«Incredibili, ogni volta che si incontravano era un film, si facevano i dispetti a vicenda. Quando dovevamo andare a registrare Alda faceva apposta, mi prendeva sottobraccio e mi diceva, andiamo a vedere i negozi, solo per far arrabbiare Milva. Però si stimavano molto. Due caratteracci che si annusavano».

Come è nata la tua passione di mettere le poesie in musica?
«L’ho sempre avuta, ricordo che quando a scuola imparavo a memoria una poesia, dovevo subito  metterci una melodia sotto. Il poeta bisogna viverlo nella quotidianità».

Hai iniziato a suonare il pianoforte giovanissimo…
«Avevo dieci anni. La musica per me è sempre stata una cosa naturale, fin da picciolo sapevo che avrei fatto questo nella vita».

Perché è scattata un’attrazione artistica così forte fra te e la Merini?
«Siamo due anime diverse e la diversità attrae. C’era un suono comune nell’anima, sensibilità, curiosità, ricerca di qualcosa di misterioso».

Come ti definisci?
«Un cantautore, ecco cosa sono! La cosa più bella è che tantissimi ragazzi mi seguono, mi ascoltano, in controtendenza con il mainstream giovanile. Alda diceva che la musica viaggia più veloce della poesia, è un buon veicolo per avvicinare i ragazzi alla lettura».

Milva e Giovanni Nuti – Foto Archivio Sagapò

Certo combattere contro il pop dominante non è facile…
«Io vado per la mia strada. La riprova è la pubblicità: quasi tutta quella che passa nei mezzi di comunicazione usa canzoni di altri tempi, non quelle attuali… vorrà dire qualche cosa! Le canzoni oggi sono lo specchio di una realtà lacerata dove c’è molta apparenza e poca sostanza. Milva al proposito è un bellissimo modello per i giovani che si vogliono avvicinare alla musica: gli orizzonti artistici si ampliano soltanto con l’applicazione, lo studio profondo. Il talento da solo non basta, devi nutrirlo. Lei non ha mai smesso di ricercare, perfezionarsi…».

Tornando alla Merini: è stata una donna che ha sofferto e amato molto…
«Mi diceva: “Non mi sono fatta mancare niente nella vita, nemmeno il mio inferno”. Ricordo che prima di andarmene dovevo sempre suonarle e cantarle L’Albatros, poesia che parlava del suo ricovero psichiatrico. La vedevo piangere copiosamente, soffrire. Una volta le ho detto: “Basta non te la suono più, ti fa stare troppo male”, ma lei mi ha risposto: “Quando mi vedi stare male io divento grande come una montagna”. Questa era Alda».

Nello spettacolo cosa presenterai?
«Tratterò tutti i temi presenti nella produzione artistica della Merini, sessualità, amore, candore. Lei era un’autentica rockstar. Ci saranno anche le voci di Alda e Milva. Non voglio che sia visto però come un omaggio, semmai una continuazione degli spettacoli che abbiamo fatto insieme».

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