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Libano: un disco per la ricostruzione culturale del Paese

4 agosto 2020: un’esplosione potentissima causata da un deposito di nitrato di ammonio distrugge la zona portuale di Beirut. Il bilancio è di quasi 200 morti, migliaia di feriti, e oltre trecentomila persone che hanno perso casa e lavoro.

Danni per miliardi di dollari. La tempesta perfetta per un Paese, il Libano, già tecnicamente fallito, sepolto da un indebitamento spaventoso e quel martedì d’agosto anche dalle macerie. Si sta scavando ancora tra i palazzi crollati per cercare corpi e, magari, anche qualche persona ancora viva…

In tutto questo pauroso disastro, pochi giorni fa l’esercito libanese ha scoperto altre quattro tonnellate di nitrato di ammonio chiuso in quattro container, sempre nella stessa zona, all’ingresso del porto, come riportato dall’agenzia di stampa ufficiale Nna, news ripresa anche da Al Jazeera.

Vi sto raccontando tutto questo perché il 4 settembre scorso, a un mese esatto dall’esplosione, Ma3azef, rivista online di musica con sede a Tunisi, in collaborazione con Bandacamp (organizzazione creata per divulgare la musica di artisti indipendenti) ha rilasciato un disco di musica elettronica dal titolo Nisf Madeena, i cui proventi dalla vendita andranno alla raccolta fondi per la ricostruzione culturale del Paese (Fundraising Campaign for the Arts and Culture Community in Beirut, coordinata dall’AFAC, Arab Fund for Arts and Culture, e dal Beirut Musicians’ Fund, creato da Tunefork Studios e dall’organizzazione no-profit Beit el Baraka.

Si tratta di diciassette brani per altrettanti artisti internazionali e locali lavorati e mixati con la collaborazione di Heba Kadry, brillante mastering engineer cresciuta in Egitto e perfezionatasi negli States, dove attualmente vive (a Brooklyn, New York, per esser precisi). Sempre per inquadrare il lavoro di Heba, lei lavora con artisti del calibro di BjörkMarissa Nadler, Josiah Wise (aka Serpentwithfeet), gli inglesi Slowdive, le Girlpool, e la polistrumentista Kristin Hayter conosciuta come Lingua Ignota, musicista classica con escursioni nel noise e nel Metal più spinto…

Toni cupi, densi, noise pesante, passaggi molto acidi, alla Daniel Blumberg per intenderci (muscista istrionico e alternativo inglese che ha firmato la colonna sonora di uno dei più apprezzati film presentati a alla Mostra del cinema di Venezia in questi giorni The World To Come di Mona Fastvold), ma anche interventi ariosi e liberatori come quelli di Deena Abdelwahed – Wein Al Malayeen e di DJ Plead – Marcel.

Tra gli altri contributi, Fatima Al Qadiri, Nicolás Jaar, ZULI, Slikback… Come si legge nella presentazione del disco sulla pagina di Bandcamp: «Riunendo i suoni dalle diverse fessure della musica elettronica, è un umile tentativo di galvanizzare musicisti e ascoltatori a sostenere una città che è stata parte integrante della scena musicale contemporanea della regione». Ve l’ho segnalato, ascoltatelo e, se volete, contribuite con 10 euro…

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