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Enrico Giaretta con Vincenzo Mollica: L’Arte di non vedere

Stasera, all’Auditorium Parco della Musica di Roma va in scena L’Arte di non vedere di – e con – Vincenzo Mollica. Lo spettacolo verrà presentato il 15 gennaio anche a Milano, al teatro Arcimboldi. In un monologo di quasi due ore, Mollica racconterà i suoi incontri, le sue mille interviste con tantissimi personaggi del mondo dello spettacolo, tra musica, cinema, teatro. Il cronista sempre curioso e vivace condividerà il palco con Enrico Giaretta, pianista e compositore di Latina. Come Vincenzo anche Enrico ha un background di storie, incontri, mestieri. 

Lo chiamano il cantaviatore perché ha fatto delle sue grandi passioni due professioni, entrambe ad alto livello: è un musicista e anche un pilota d’aereo. Come musicista è stato il pianista di Franco Califano – ha anche condiviso la casa con il cantante romano per più di dieci anni, «un maestro di vita, un gentiluomo», lo ricorda -, ha intrecciato collaborazioni con Lucio Dalla, Renato Zero, Pino Daniele. Con Paolo Conte, suo idolo assoluto, e Jack Savoretti, condivide lo stesso impresario. Nella prima decade del Duemila la sua canzone Tutta la vita in un momento, uno scatenato swing che il cantante canadese Matt Dusk ha trasformato in Back in tow , è diventata una hit mondiale. Come pilota, ha lavorato in tante compagnie aeree di linea, Alitalia inclusa. Oggi consegna merci per Poste Italiane in Europa e Nord Africa. 

Insomma, un personaggio perfetto per Musicabile! Così l’ho chiamato per una chiacchierata.

Partiamo da L’Arte di non vedere. Come hai conosciuto Vincenzo Mollica?
«Tutto è iniziato 15 anni fa. Mollica aveva ricevuto il comunicato stampa di un mio singolo che, tradotto in inglese, aveva avuto una discreta fortuna nel mondo (Back in Town, ndr). Mi chiamò una sera: “Enrico Giaretta sono Vincenzo Mollica, sono a Los Angeles per gli Oscar, ma appena torno in Italia mi occuperò di te!”. Pubblicò un servizio su di me, poi non lo sentii per anni. Mi richiamò per una collaborazione, a cui entrambi lavorammo, con l’associazione umanitaria Intersos – io misi la musica lui prestò la sua voce per promuovere il progetto. Poi, di nuovo più nulla finché la mia discografica che è anche la produttrice con Millo e Gigi Fantini del lavoro di Vincenzo, hanno deciso che sul palco, per completare il monologo, si poteva aggiungere la musica. Ne hanno parlato con Vincenzo e lui s’è dimostrato entusiasta. Per me è un’esperienza bellissima, ho sempre privilegiato le produzioni di qualità alla quantità».

Musica e volo hanno dato alla luce una serie di pubblicazioni: come sono nate?
«È stato un progetto: ho partecipato a una serie di concerti ospite di Jack Savoretti. La mia performance sul palco era un’improvvisazione di 40 minuti. Nella serata alla Fenice di Venezia in teatro c’erano alcuni discografici americani.  Finito il concerto, in camerino, mi chiesero se avessi intenzione di registrare le mie esibizioni e tradurle in un disco. Visto che sono un pilota e che in questi posti ci sono stato, ho pubblicato alcuni lavori radunandoli sotto il cappello di Route To e Airways to. C’erano Brasile, Albania, Ucraina, Cina, Portogallo, Argentina, Giappone, Usa, Africa… Spotify ha selezionato alcuni di questi brani da mettere nelle sue compilation: sono passato dai mille ascoltatori mensili a centomila, ora si sono assestati sui 40/50mila mensili».

Cosa mi dici del tuo mestiere di pilota?
«Per anni ho fatto il pilota di linea per diverse compagnie, anche per Alitalia. Ora volo per Poste Italiane, porto merci».

Lo fai di professione, dunque?
«Come Paolo Conte che faceva l’avvocato o Jannacci che era medico! Volo su un Boeing 737 giallo e bianco…».

È iniziata prima la passione per la musica o quella per il volo?
«Per la musica, la studio da quando avevo cinque anni. Ho fatto il conservatorio, quindi composizione».

Ti piacciono gli autori romantici? nei tuoi brani si avvertono echi di Chopin e Brahms…
«Li adoro, da giovanissimo ero appassionato di Beethoven, poi ho ho iniziato ad apprezzare Bach e Mozart, quindi tutti gli altri».

Com’è nata la passione per il volo?
«Sono cresciuto a Latina dove c’è un aeroporto militare. Vedevo questi aeroplani piccoli, modelli per istruire i piloti, fare capriole tutto il giorno sopra la mia testa… Sono un tipo molto curioso, da sempre. Per lo stesso motivo ho iniziato ad andare sott’acqua tanti anni fa. C’è qualcuno che dice che mi trovo bene a 50 metri di profondità o in aria poi, ma a metà mi trovo sempre un po’ meno a mio agio. Tutti e tre gli elementi, terra, aria, acqua li ho comunque ben presenti!».

Come concili la tua attività compositiva con quella di pilota? Fai acrobazie per riuscirci?
«No, no! Riesco benissimo, soprattutto ora che lavoro per Poste. Volo di notte, in tutta Europa, fino al Cairo e Tel Aviv – dove ora, con la guerra non ci andiamo più – e in Italia».

Consegnando e ritirando pacchi postali?
«Non solo, anche cavalli da corsa e medicinali, abbiamo abbiamo fatto corsi di aggiornamento per volare con farmaci a temperatura costante. Poi, visto che sono un romantico, mi piace pensare di portare anche lettere d’amore, anche se oggi le lettere non le scrive più nessuno!».

Voli con un equipaggio?
«Siamo in due con tonnellate di pacchi di Poste e di Amazon. Tra un volo e l’altro aspettiamo un paio d’ore e in quel lasso di tempo scrivo. Porto sempre con me una decina di fogli pentagrammati, così se mi viene in testa una melodia la posso scrivere, oppure, ma molto raramente, registrarla sullo smartphone. Sono all’antica, mi piace scrivere la musica, sono ancora legato alla matita e alla gomma!».

Perché hai scelto il pianoforte?
«Quando ero piccolissimo mio papà vinse, non ricordo bene dove e come, una tastiera che non ho più mollato!»

Paolo Conte ti ha ispirato nelle tue composizioni?
«Sono cresciuto con Califano, ho addirittura convissuto nella stessa casa! È stata un’esperienza bellissima, tra i 20 e i 40 anni. Califano mi ha dato moltissimo, è lui che da ragazzo mi ha fatto conoscere Paolo Conte. In auto si ascoltavano solo Conte, Sinatra e Piazzolla. Poi ho conosciuto Lilli Greco, il produttore di Paolo Conte e, con lui, ho fatto il mio percorso artistico. Ho vissuto con Califano ma, musicalmente, mi sento più vicino a Conte con cui condivido l’amore per un certo tipo di musica del primo Novecento e il modo di scrivere i testi, l’ironia». 

Hai scritto brani per Califano?
«Sì, alcune musiche. È stato proprio Lilli Greco a condurmi dove sono ora. Mi chiese: “Ma perché non canti?”. “Non sono un cantante”, gli risposi. E lui: “Io ne ho costruiti di artisti che non erano cantanti, non lo era De Gregori e nemmeno Conte!”. È così che ho iniziato. Con Mollica canterò anche alcuni brani di autori che saranno presenti in sala… con mio grande imbarazzo. Cantare una canzone di Francesco De Gregori con lui presente sarà dura!».

Che genere di musica ascolti?
«Ne ascolto poca, purtroppo. Mancanza di tempo… Però il tragitto in auto per andare all’aeroporto o il ritorno verso casa lo dedico all’ascolto di nuova musica. Ascolto di tutto, ultimamente i Måneskin: sono bravi, anche se non ho nulla da condividere con la loro musica».

Stai lavorando a nuovi dischi?
«Ho scritto una ventina di canzoni. Da qui a breve, dopo l’impegno con Mollica, mi sono imposto di dedicarmi a un nuovo album di canzoni da fare uscire quanto prima».

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