L’input di questa giornata è quello, dunque, di non considerare il sogno un semplice… sogno, ma una motivazione per conquistare la propria vita in tutti i sensi. Confesso che ai mantra motivazionali ci credo poco. Ma, pensate, quale sogno più bello, grande, incredibile per un artista possa essere quello di riuscire a far ascoltare e apprezzare la propria musica… Il sogno è il sale della musica e della creatività. Ieri sono stati i 30 anni di Nevermind dei Nirvana, pubblicato il 24 settembre del 1991. Un album che ha fatto la storia del grunge e del rock, qualcosa di nuovo, i sogni di Cobain, Grohl e Novoselic arrivati negli Sound City Studios in California, prodotti da Butch Vig. Nel 2013 David Grohl dedicherà un formidabile docufilm a quegli studios, da vedere e rivedere, Sound City, appunto…
I sogni nella musica sono una costante, perché in fondo, il sogno manifesta la nostra creatività. L’onirico, il psichedelico sono sempre stati degli argomenti forti non solo nel Rock, ma in tutta la musica. Sono andato a curiosare tra le centinaia di dischi usciti a settembre, approfondendo proprio questo tema. Così ho conosciuto – e vi propongo – una band brasiliana, i Velhos Cabanos (Onze da Silva, chitarra, Marco Sarrazin, sassofono e tastiere, Lucas Franco, batteria, Matheus Leão, basso e Phellipe Fialho, chitarra e voce), nati nel Pará, a Belém, su su nel profondo Nordeste brasileiro. L’11 settembre hanno pubblicato un singolo, dopo un Ep del 2019, dal titolo Cores, Colori. Un brano onirico, che richiama nelle melodie prog, soul e rock brasiliano la scuola miniera, da Milton Nascimento a Beto Guedes, a Wagner Tiso, ma anche agli australiani Tame Impala per la raffinatezza ed evanescenza di certi percorsi armonici. Il video, girato da un’altra paranense, Adrianna Oliveira, è un altro viaggio onirico con richiami alle tradizioni Umbanda (una sorta di Candomblé) e al folklore amazzonico.
Sogni infranti nell’album dei The Felice Brothers, uscito il 17 settembre, dal titolo inequivocabile, From Dreams to Dust: in Valium cantano “But the night is too silent to sleep/ So I’m standing now in the dust of the road, contemplating heaven/ I must have been lost on some kind of excursion up the Colorado/ I think her name was Marilyn, but I don’t remember anything else about her/ Except that her hair smelled of gunpowder/ That’s it for tonight, signing off”…
Mentre sogni grandi e visioni plastiche si affaccinao nell’ultimo disco di Nate Smith, batterista e songwriter americano, uscito una settimana fa dal titolo Kinfolk 2: See The Birds (parte di una trilogia, il primo disco, Kinfolk: Postcards From Everywhere, è uscito nel 2017). L’album chiude con la splendida Fly (For Mike), cantata da Brittany Howards, l’ex frontwoman degli Alabama Shakes: qui il sogno raggiunge l’apoteosi, è il desiderio di volare, di vivere senza tempo, di librarsi sopra al mondo per poterlo guardare com’è realmente. Uno dei temi più ricorrenti dell’umanità, che ha implicazioni filosofiche, psicologiche, pedagogiche, fisiche e matematiche… la capacità dell’uomo di sognare e realizzare il proprio sogno.
Vi lascio il testo intero:
I wanna fly away
Fly to a peace I have never known
Won’t look behind me, nothing can bring me down
When I get off the ground
I have no fear at all
I forget I could ever fall
I wanna go where no one can keep me bound
When I get off the ground
No more will I worry
I’ll have no reason why
If you could see me fly you’d smile with me
I wanna fly away
Where we could all be together
I wanna feel that kind of warmth you get beside the sun
I’m gonna fly away
I can see the end of the runway now
Won’t look behind me
Nothing can keep me down
Now that I’m off the ground
It’ll be nothing but blue skies now
Now that I’m off the ground