Disco del mese: Get On Board, Taj Mahal e Ry Cooder

Quando è uscito, il 22 aprile, via Nonsuch Records, con quella cover d’altri tempi non ho avuto dubbi. Dovevo ascoltarlo, anche perché i musicisti in questione sono due grandi, Ry Cooder e Taj Mahal. Entrambi polistrumentisti, curiosi, innovatori. Il primo con la sua passione per le musiche popolari è stato l’artefice, per esempio, dei Buena Vista Social Club, e per questo gliene saremo sempre grati! Il secondo con quella voce forte e roca che sconfina nel soul e nel funk, ha tracciato la sua vita artistica con brani e interpretazioni indimenticabili, da Statesboro Blues, tratto dal suo primo, omonimo album, dove, per inciso, collaborò anche Ry Cooder, a Ain’t Gwine to Whistle Dixie (Any Mo), a Six Days on the Road, She Caught the Katy and Left me, Mule to Ride (brano che troviamo anche nella colonna sonora di The Blues Brothers)…

Questi due signori, Taj 80 anni il prossimo 17 maggio, e Ry 75, compiuti il 15 marzo scorso, hanno deciso di ritornare a suonare insieme rivedendo alcuni brani di due pilastri del Piedmont Blues, Sonny Terry e Brownie McGhee. Lo hanno chiamato Get On Board. Porta lo stesso nome e la stessa cover del 10” che uscì nel 1952 a firma Terry/McGhee e racchiude, oltre a tre brani contenuti in quell’album, The Midnight Special, Pick a Bale of Cottom e I Shall Not Be Moved, altri sette, provenienti dai vari dischi dei due e da esibizioni dal vivo. Sulla cover, al posto dei primi piani di Sonny Terry alla chitarra, Brownie McGhee all’armonica a bocca e Coyal McMahan alle maracas, ci sono Ry, Taj e Joachim, il quarantatreenne figlio di Ry, alle percussioni. Anche il lettering è lo stesso…

La domanda che si devono esser fatti in tanti è: perché proprio quell’album? La risposta più semplice è perché Cooder e Mahal si sono formati con quella musica, da ragazzi, come hanno dichiarato entrambi, erano rimasti colpiti da quel disco, probabilmente è stato il “booster” che li ha spinti a diventare musicisti. Nel 1965 i due fondarono un gruppo, i Rising Sons che non ebbe vita lunga (per la cronaca, Taj finito il college s’era trasferito da New York, dove era nato, a Los Angeles, dove conobbe Cooder). 

Un disco letteralmente fatto in casa, spontaneo, bello, carico di sentimento e grinta, nel quale le imperfezioni sono cosa gradita: ascoltandoli sembra di stare in loro compagnia, in quel salotto con il caminetto alle spalle, un tavolinetto con due tazze, un divano e due scranni. Dal’altro lato della sala Joachim e le sue percussioni. Tutto molto semplice, puro, “raw”.

Partono forte con un blues tradizionale, My Baby Done Changed the Lock on the Door, con la chitarra elettrica volutamente sporca di Cooder, le voci che si alternano e si rincorrono. Anche The Midnight Special, un classico suonato da molti artisti (Harry Belafonte, The Springfields,  Big Joe Turner, Paul McCartney, nostalgica la versione dei Creedence Clearwater Revival) nel loro arrangiamento acquista una freschezza e una spontaneità possibile solo quando due vecchi amici si ritrovano per rivangare vecchi “accordi”. 

E ancora, Hooray Hooray, altro standard nel quale l’armonica di McGhee accelerava come un treno in corsa a tutto ragtime, qui, invece, acquista, con l’armonica di Mahal e il mandolino elettrico di Cooder, una atmosfera più pacata e… sensuale. Splendida Deep Sea Diver: Taj Mahal suona un pianoforte in presa diretta, una melodia che sembra uscire da un grammofono, o meglio, dalla porta di un locale dove sigari e bourbon sono la compagnia perfetta.

Il disco scivola così, in questo mare di note e divertimento. Drinkin’ Wine Spo-Dee-O-Dee,  cantata dalla voce ruvida di Taj Mahal ricorda una serata passata tra amici, la voce roca e impastata, mentre What a Beautiful City, un blues gospel (famosa la versione cantata e suonata alla chitarra da Joan Baez), con loro diventa un attimo mistico. E via via, con Pawn Shop Blues, Cornbread, Peas, Black Molasses, Packing Up Getting Ready to Go, si arriva al brano che chiude questa session di ricordi, amicizia e spontaneità, un’ispirata I Shall Not Be Moved. 

Un lavoro semplice ma imponente allo stesso tempo. Solo due grandi musicisti come Cooder e Mahal riescono a trasmettere, senza effetti, elettronica e diavolerie varie, in modo così nitido e puro l’essenza del Blues. La serenità di una chitarra, un’armonica a bocca e una sedia di legno dove battere il tempo. Basta chiudere gli occhi…